Bipersonale di ARNALDO MARINI e ADRIANO VELDORALE a PIETRASANTA

Dal 11 luglio sono esposte le opere di Arnaldo Marini, pittore fiorentino e di Adriano Veldorale, scultore pistoiese.

ARNALDO MARINI - 2021 liberi villaggi

Arnaldo Marini è nato a Firenze nel 1952: qui vive e lavora. Si è laureto in architettura presso l’Ateneo fiorentino;

Nella sua ricerca Marini si interroga sui luoghi o “non luoghi” dove l’uomo vive ma compie una scelta molto significativa sul piano “simbolico” poiché predilige la raffigurazione dei villaggi, il villaggio continua ad essere una testimonianza vivida ed autentica del passato e contemporaneamente una presenza sempre più attuale, ambientando il proprio racconto nella dimensione talora “familiare”, talora “prigione” del villaggio, anziché nello scenario caotico e vuoto della grande città.

Artista sensibile alle tematiche sociali attuali, quasi ossessive diventano negli ultimi lavori, le rappresentazioni dei Campi Profughi.

Luoghi – non luoghi, adibiti ad “ospitare” temporaneamente persone che, per vari motivi, sono state costrette a lasciare la propria abitazione: vittime di guerre e discriminazioni etniche, vittime di disastri ambientali.

Tende in fila, tutte uguali, costituiscono ricoveri anonimi per persone in fuga dalla guerra, l’aspetto standardizzato e anonimo di questi accampamenti, sottolinea il carattere provvisorio che dovrebbero avere simili strutture. Non troppo raramente però, le persone che qui trovano rifugio si devono fermare per tempi indefiniti. Il campo non ha un’anima se non quella di chi qui cerca riparo. Non ha un’identità o una storia se non quella che stanno vivendo in quel momento i rifugiati. Una storia fatta di paura, miseria e precarietà, sensazioni che li accomuna, insieme alla speranza di potersene andare al più presto. Questi campi sono uguali in qualsiasi parte del mondo con il loro carattere di temporaneità e carichi di dolore per chi giunge lì. I rifugiati si sentono al sicuro, ma portano dentro la tristezza di non essere più nei loro luoghi.

Non sfugge ad Arnaldo il concetto di “precarietà dell’uomo” e dei “dannati” di ogni epoca nel suo grande lavoro su Dante, lavoro composto da sette tavole a formare un polittico ispirato a sette passi dell’Inferno. L'Acheronte è presente nella mitologia classica come fiume dell'Ade, dove lo stesso Caronte ha il compito di traghettare le anime dei morti a esclusione degli insepolti (Virgilio lo descrive nel libro VI dell'Eneide).

Dante inserisce la descrizione del fiume nel Canto III dell'Inferno, dove si dice che i dannati si accalcano sulle sue rive attendendo con impazienza, per volontà divina, di passare dall'altra parte. Arnaldo ce ne propone la sua visione in uno dei sette pannelli dedicati ad Acheronte. Ci ricorda forse qualcosa che sta accadendo nella realtà di oggi?

Questa è l’amara visione della condizione di certi villaggi e di certi dannati, di oggi come di ieri.

 Una sua opera però ci richiama a “distratti ricordi del villaggio”, in cui ci propone una fugace, quasi dimenticata, dall’uomo frenetico di ora, visione del villaggio nella sua accezione più sana, pacifica, silenziosa. Quella dei nostri cari villaggi dove gli abitanti erano (o forse in certe realtà sono ancora) fratelli.

Questo suo sguardo nostalgico a certi luoghi-villaggi “avvolti nel silenzio” ma “liberi” non può che farci riflettere e farci domandare : “Quo vadis”?

Marta Babbini

ADRIANO VELDORALE nasce a Pistoia nel 1976.

Artista autodidatta, scolpisce sin da giovanissimo, indagando nella propria ricerca stilistica materiali diversi quali legno, pietra, acciaio, resina.

Gli ultimi anni lo vedono impegnato nella sperimentazione del ferro e dell'acciaio con scomposizioni della superficie metallica in triangoli, usati come tessere di mosaici tridimensionali, che danno forma ad opere dal forte impatto visivo e al tempo stesso intrise di quella sensibilità intimistica, che caratterizza la sua arte sin dalle prime opere. Sue opere quali “La Sposa”, “Le Vele”,”Genesi” e “Geometrie Complesse”, inducono l’osservatore a riflettere sulle tematiche care all’artista oltre che alle tecniche base di geometria complessa che si utilizzano nella ricerca scientifica attuale.

Osservando LA SPOSA, nella maggior parte dei casi, vengono alla mente le ville e i castelli scelti per celebrare “l’unione del secolo”. A me e certamente a Veldorale vengono in mente stereotipi tipici del consumismo. L’artista con questa “sposa vuota” vuol porre l’attenzione , per contrasto a quale è invece il vero significato cristiano di matrimonio ossia […] l'intima comunione di vita e di amore coniugale, stabilita dal patto coniugale [...].

Osservando la serie delle VELE, Adriano mi riporta alla mente l’Antologia di Spoon River di Edgard Lee :

“adesso so che bisogna alzare le vele, e prendere i venti del destino ovunque spingano la barca”, insomma affrontare la propria vita con coraggio, e non come “una barca che anela al mare, ma ne ha paura”.

L’esortazione ad alzare le vele, dove l’azione di alzare le vele è a sua volta simbolo positivo di forza, vitalità e dinamismo esortando alla partecipazione, alla condivisione.

Nelle sue GEOMETRIE COMPLESSE non possiamo prescindere dal citare il pensiero di Platone.

 Nella filosofia di Platone la geometria è ritenuta l’espressione di una conoscenza vera di un mondo non fisico e non mentale, un mondo oggettivo delle forme eterne che la facoltà della ragione può conoscere a priori.Solo attraverso lo studio di geometrie complesse Adriano può realizzare le sue forme complesse, che da semplici triangoli bidimensionali diventano sculture dando forma ad un oggetto partendo da un materiale grezzo e assemblando tra loro i vari pezzi arrivando al prodotto finale che diventa espressione di ispirazione artistica.

L’intimismo e il simbolismo di Veldorale lo troviamo in tutte le sue opere e cito di proposito per ultima, quella che invece rappresenta l’origine, “LA GENESI” perché l’inizio non può prescindere dalla fine e al compimento di un’opera bisogna sempre ricordarne il principio e il Significato del termine:” Origine, formazione: la genesi del mondo, del diritto; …. il graduale concretarsi e organizzarsi di un'opera d'arte nella mente dell'artista”. Questa opera rappresenta per l’artista l’origine di tutti i suoi lavori.

Marta Babbini