Artista

ANDREA SALTARELLI

GRAFFITTICO TRA LUCE E OMBRA   2017

GRAFFITTICO TRA LUCE E OMBRA 2017

dimensioni: 80x80 cm
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Graffittico sul limone 2022

Graffittico sul limone 2022

dimensioni: 54x63 cm
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Graffittico con mano aperta 2022

Graffittico con mano aperta 2022

dimensioni: 63x45 cm
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GRAFFITTICO ALLE TERME  2019

GRAFFITTICO ALLE TERME 2019

dimensioni: 108x108 cm
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VELE  GRAFFITTICHE    2020

VELE GRAFFITTICHE 2020

dimensioni: 90x90 cm
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AQVA    2019

AQVA 2019

dimensioni: 80x80 cm
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FRATERNA AMICIZIA GRAFFITICA    2020

FRATERNA AMICIZIA GRAFFITICA 2020

dimensioni: 54x63 cm
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AUREA VITA 2022

AUREA VITA 2022

dimensioni: 100x100
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FEMMINILITA' GRAFFITICA   2019

FEMMINILITA' GRAFFITICA 2019

dimensioni: 55x55 cm
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SALTO ANTROPOGRAFFITICO  2019

SALTO ANTROPOGRAFFITICO 2019

dimensioni: 55x55 cm
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NELLA TESTA DEL GRAFFITTICO  2019

NELLA TESTA DEL GRAFFITTICO 2019

dimensioni: 39x37 cm
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Graffittico con mano aperta 2022

Graffittico con mano aperta 2022

dimensioni: 63x45 cm
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INDICE GRAFFITTICO 2018

INDICE GRAFFITTICO 2018

dimensioni: 80x80 cm
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FAUNO GRAFFITTICO  2019

FAUNO GRAFFITTICO 2019

dimensioni: 55x55 cm
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INCLUSIONE GRAFFITTICA   2019

INCLUSIONE GRAFFITTICA 2019

dimensioni: 39,60x26 cm
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ALBERO GRAFFITTICO  2017

ALBERO GRAFFITTICO 2017

dimensioni: 40x30 cm
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ANDREA SALTARELLI

Definire “simbolica” la pittura di Andrea Saltarelli vuol dire attribuire alle figure che popolano il suo mondo – gli “antrogrittici”, come l’artista li ha definiti – la stessa funzione del simbolo, ovvero stabilire una relazione tra l’oggetto e l’immagine mentale da questo evocata. Le curiose creature raffigurate da Saltarelli sono molto di più che il risultato di un ingegno fantasioso che si è dilettato ad inventare qualcosa che prima non c’era: le loro forme stilizzate, i corpi come monoliti, le grandi teste senza occhi e con naso e labbra pronunciati, evocano una dimensione archetipica, primordiale, che trascende l’intonazione ludico-giocosa a prima vista suggerita dalle immagini. Sono idoli di un’era perduta, divinità di una terra dimenticata, e in quanto tali incarnano paure, sogni, istinti, e in generale tutto ciò che è legato ad una conoscenza intuitiva – “noetica” si direbbe in termini filosofici – della realtà e delle cose. Parlano lo stesso linguaggio delle incisioni rupestri, e quindi un codice che è impossibile definire o comprendere completamente perché rimanda ad una concezione magico-rituale dell’immagine, ad una fase della storia del mondo governata, nella fantasia dell’uomo, da potenze occulte e mitiche, forze naturali e soprannaturali insieme. Un alone di sacralità emana da queste figure, il cui aspetto ha ben poco di umano ed è più simile, invece, a quello degli antichi dolmen, con linee squadrate, curve o appuntite, simboli esoterici – si pensi all’occhio presente in alcuni dipinti –, riferimenti agli astri ed altri segni riconducibili alla divinità. E se vero che “gli déi cadono”, come ogni altro archetipo, quando si cerchi di interpretarlo con la razionalità, ecco allora che a questi dipinti, e alle divinità in essi raffigurate, conviene accostarsi alla stessa maniera di come si fa con i sogni. E cioè con l’attitudine di chi non cerca di “capire” a tutti costi, ma di “sentire” qualcosa smuoversi nel profondo, una voce antica che ci parla dalla notte dei tempi per riportarci all’infanzia del mondo prima dell’avvento della civiltà.

[Daniela Pronesti']

www.antropogrittico.com