EVERYDAY ICONS

A cura di Daniela Pronestì

Dal 10 marzo all’11 aprile 2023

Opening 10 marzo ore 17.00

Galleria Artistikamente

Via Porta al Borgo 18, Pistoia

Nell’accezione moderna, la parola icona (dal greco eikṓn “immagine”) evoca un mondo popolato di volti

e figure che incarnano un ideale, un modello di bellezza o di stile, oppure, in senso più ampio, le

caratteristiche di un genere o di un’epoca. Se da un lato l’icona attribuisce a quella determinata figura

un valore quasi “sacro” rendendola emblema di uno status o di requisiti al di sopra della norma,

dall’altro lato proprio questa idealizzazione intrappola il personaggio iconico in un ruolo che,

allontanandolo dalla realtà, lo rende simbolo di uno standard inarrivabile, lo trasforma in “oggetto

di culto”, proprio come le icone sacre della tradizione bizantina. In questo modo, l’icona diventa un

modello da imitare e al quale ispirarsi, con il rischio che l’emulazione si traduca in uno snaturamento di

sé stessi e delle proprie caratteristiche. Un discorso che vale soprattutto per le tante icone femminili – da

Medea a Giovanna D’Arco, da Madame Bovary a Giulietta, da Marilyn Monroe a Madonna, arrivando

alle odierne influencer e fashion blogger – che intrappolano la donna in un ruolo o in un ideale da cui

spesso è difficile affrancarsi senza pagarne le conseguenze. Ma cosa succede quando l’icona scende dal

“piedistallo” dove è stata relegata e comincia a vivere nel quotidiano? Che ne è, a quel punto, del

femminile liberato dai lacci di un ideale irraggiungibile? Su questa “discesa” dell’icona nella realtà

quotidiana si propone di riflettere la mostra Everyday Icons, coinvolgendo fotografe e fotografi in un

confronto che mette in luce due diversi modi di guardare alle donne e di narrarne la complessità,

passando dalle interpretazioni più intimiste a quelle più “estetizzanti”, dal contesto sociale a quello

della vita familiare, dalla realtà occidentale a quella di altri luoghi del mondo, in un caleidoscopio di

visioni in grado di restituire un significativo spaccato sull’universo femminile. Ne viene fuori un

ritratto variegato, nel quale la quotidianità suggerita dal titolo non riguarda soltanto la vita di tutti i giorni,

quella in cui le donne sono madri, figlie, nonne, lavoratrici o casalinghe, ma rimanda, più in generale, ad

una realtà concreta, lontana da ogni idealizzazione, nella quale le donne diventano icone di piccole e

grandi battaglie combattute giornalmente, di libertà negate o conquistate, di pregiudizi subiti o

smascherati, di nuovi ruoli o stili di vita assunti contro ogni convenzione.

Nella foto di Luca Bracali, fotoreporter di fama internazionale, il volto di un’anziana di etnia Chin

(Birmania) reca i segni di una tradizione – tatuare le donne fin da bambine per sfigurarle e proteggerle

così dai rapimenti degli uomini delle tribù vicine – che calpesta la dignità femminile in nome di una

barbara usanza. L’unico riscatto possibile da questi segni, dal dolore e dall’ingiustizia in loro impressi, è il

ricordo di una beltà che questo volto conserva ancora nonostante l’ignobile abuso subito. La foto è parte

di un progetto più ampio, attualmente in corso, sulla condizione della donna nel mondo.

Roberto Celli presenta un progetto diviso in due parti. La prima, intitolata Il volto, riflette sulla

condizione femminile servendosi di tre elementi – il velo, la maschera e il teschio – per suggerire come la

donna sia da sempre costretta ad indossare un ruolo proprio come si indossa una maschera, trascorrendo

la vita in un costante oscillare tra l’essere e l’apparire, tra l’immagine che di sé offre agli altri e ciò che

invece vorrebbe essere. A questa situazione sembra ribellarsi la giovane donna immortalata ne L’urlo, con

il corpo nudo, la testa tra le mani e la bocca spalancata in un grido di sgomento che rimane chiuso, quasi

soffocato, nello spazio tra le due figure riflesse a specchio, l’una di fronte all’altra.

Negli scatti di Luisa Denti il femminile si esprime attraverso due doppi ritratti: nel primo, l’obiettivo si

sofferma sull’espressività del volto e sulla naturalezza dei gesti, in quello che sembra essere uno scatto

“rubato” in un momento di vita quotidiana, con l’intento di narrare una bellezza semplice, spontanea,

priva di ornamenti. L’altra coppia di ritratti, questa volta in posa, giocano sul concetto del “mettere a

nudo”, insieme al corpo e proprio attraverso di esso, anche la parte più nascosta e segreta dell’animo

femminile: un cuore pulsante di sangue e di vita che si offre allo sguardo in tutta la sua urgente verità.

Con Alessandro Dondi, l’ambientazione si sposta nelle strade cittadine, dove il femminile è una presenza

che l’occhio del fotografo cattura nel tran tran del vivere quotidiano, immortalando volti, momenti,

situazioni, in uno scenario di per sé anonimo e in continuo movimento. Ma è proprio qui che la capacità

del fotografo si rivela, nel suo saper riconoscere e immortalare l’ironia di un accostamento insolito – la

maschera di Puffetta con intorno donne “vere” indaffarate nella vita di ogni giorno –, la sintonia, espressa

attraverso gesti e sguardi, tra una madre e una figlia, il volto sbigottito della suora mentre osserva il fare

imperioso dell’uomo di fronte a lei.

Giulia Efisi racconta le tre età della donna partendo da una luminosa immagine dell’infanzia, inizio della

vita ma anche promessa della vita che verrà, con la bambina che già s’immagina futura mamma mentre

tiene in braccio una neonata. L’età adulta ha il volto di una donna allegra e solare che gioca con la propria

avvenenza, mostrando una padronanza di sé figlia dell’esperienza. In ultimo, la vecchiaia concede alla

donna una sicurezza che niente può scalfire: lo si intuisce dal volto dell’anziana signora, che stagliandosi

sullo sfondo scuro, esprime la stessa solidità di una roccia, di un albero, di un monumento antico.

Le streghe di Gildardo Gallo non sono più donne vecchie e brutte, ma giovani e avvenenti; hanno occhi

grandi e magnetici e indossano vestiti alla moda come modelle in passerella. L’artista le ha riscattate da

un antico pregiudizio: ha immaginato per loro un’altra vita prendendo ispirazione da grandi capolavori

dell’arte. Quella della strega è un’icona densa di ombre e di luci, sempre al confine tra bene e male, ci

ricorda Gallo. Ma è proprio nell’accettazione di questa “diversità”, di questo essere altro rispetto ad una

visione “tranquillizzante” del femminile, che risiede la possibilità per la donna di esprimersi liberamente.

Negli autoritratti di Michela Goretti la smaterializzazione e il dinamismo della figura, ottenuti

prolungando i tempi di esposizione, fanno pensare ad un racconto che dal corpo arriva all’anima, al

divenire interiore di sensazioni e stati d’animo sempre diversi. Non si è mai donne alla stessa maniera,

ciascuna donna è differente dall’altra e ciascuna reca dentro di sé infinite sfaccettature del femminile. Non

una, quindi, ma tante donne dentro la stessa donna, sfumature diverse di una sola anima, come quelle che

in questi scatti narrano di un femminile plurale e cangiante finalmente affrancato dai lacci dell’apparire.

Con Alex Kova lo sguardo si sposta tra le mura domestiche per parlare di erotismo al femminile,

argomento considerato ancora oggi un tabù perché avvolto da falsi miti e inibizioni. Ispirandosi alle

fotografie osé degli anni Venti, Alex Kova “costruisce” tre scene la cui carica erotica non è legata alla

nudità ma scaturisce da un insieme di gesti ammiccanti, pose maliziose, sguardi languidi, come a dire che

la sensualità femminile va ben oltre l’esibizione sfacciata del corpo, quella che di solito alimenta la

voyeuristica attitudine maschile, ma è un linguaggio arguto e sottile che “accende” i sensi senza

sconfinare nella volgarità.

I tre scatti di Mauro Martin propongono una visione della donna che si disvela piano piano, di scatto in

scatto, passando da una figura in posa accademica, e quindi da una rappresentazione “iconica” del bello

femminile, ad un ritratto più intimista, con la modella immortalata da vicino mentre il suo sguardo

sognante si perde in lontananza, per arrivare infine ad un primo piano del volto di profilo, nel quale

l’obiettivo cattura un momento di personale raccoglimento della modella – forse durante una pausa sul set

–, fissandolo in un’immagine che ben racconta la fascinazione dell’artista per il mistero e la poesia che il

femminile racchiude in sé.

Nel progetto Alias di Paola Mischiatti il femminile è narrato dall’interno, dalle profondità di un “altrove”

nella coscienza, dove albergano sogni, paure, desideri, in un fluire continuo di stati interiori che questi

scatti rendono “visibili” con effetti di sdoppiamento e sovrapposizione della figura. L’intento è riflettere

sull’inafferrabilità della natura femminile, sul significato, diverso per ciascuna, dell’essere donna,

accettando questa complessità come espressione di un mondo interiore denso di suggestioni e capace

sempre di autorigenerarsi a partire da se stesso, proprio come in questi scatti ogni figura rinasce da se

stessa, rimanendo sempre uguale pur essendo sempre diversa.

Nel progetto Io sono/Ma chi sono?, Patrizia Mori interpreta, come un’attrice sulla scena, alcuni

stereotipi femminili – la moglie borghese perbenista e compiaciuta del suo status, la casalinga annoiata e

sessualmente insoddisfatta, la “fanatica” di uno stile di vita glamour – per riflettere sulle difficoltà legate

alla costruzione dell’identità femminile, sulla possibilità per la donna di autodeterminarsi in una società

che da sempre la vuole imprigionata in un ruolo, in un canone estetico, in uno standard comportamentale.

Una riflessione sagace, ironica e intelligente che invita ogni donna a dire “io sono”, con la presa di

coscienza di un atto libero da condizionamenti.

Eventi collaterali:

Sabato 25 marzo alle ore 17, presso la Galleria Artistikamente, verrà presentato il libro Storie (e

battaglie) di 40 donne fotografe (ed. goWare /L’altra editoria) di Giovanna Sparapani e Susanne John, in

cui il tema della fotografia al femminile è narrato mettendo in luce il valore “iconico” che le immagini di

queste quaranta fotografe hanno assunto in passato ed assumono tutt’oggi nel raccontare la donna in

maniera libera, anticonformista e ribelle nei confronti di ogni pregiudizio. Il libro, pubblicato lo scorso

dicembre, ha già ricevuto importanti recensioni su SkyArte, Il Fotografo e CulturaCommestibile.it.

Galleria Artistikamente

Via Porta al Borgo 18, 51100 Pistoia

(www.artistikamente.net / FB: artistikamente / IN: artistikamentepistoia)