Osservando i dipinti di Elsbeth Baumann Melmer si ha l’impressione di trovarsi di fronte alla superficie di un muro dalla quale le immagini affiorano come se fossero state generate dal passaggio del tempo, dall’azione dei giorni che se da un lato consuma e corrode le cose, dall’altro ne rivela – proprio cancellando gli aspetti esteriori – l’essenza nascosta. Figure umane, scorci di città o di paesaggi naturali sembrano essere stati graffiti sulla tela piuttosto che dipinti, e quindi ricavati graffiando le stesure di colore, togliendo il superfluo per liberare l’immagine celata all’interno, con un procedimento simile a quello con cui l’artista ricava le forme scolpendole nel blocco di pietra. L’idea di fondo comune ad entrambi gli indirizzi dell’opera di Elsbeth Baumann Melmer è che la materia, sia essa colore stratificato sulla tela o marmo da scolpire, contenga al suo interno un nucleo nascosto, una forma/immagine che l’artista rende visibile levando via lo strato superficiale che la ingabbia. È così che la forma/immagine assume il carattere di una “rivelazione”, di qualcosa di segreto che si manifesta grazie all’intervento dell’artista. Per questo motivo, soprattutto in pittura, Elsbeth Baumann Melmer ricorre alla tecnica del “non-finito”, della figura o della forma appena abbozzata, per consentire all’immaginazione dell’osservatore di completare ciò che l’artista ha volutamente lasciato incompiuto. Le sculture alternano, invece, forme perfettamente levigate in cui il dettaglio è portato a finitura estrema ad altre scabre e semplificate nei volumi, confermando così un iter creativo basato sul costante dialogo di Elsbeth Baumann Melmer con la materia, con i “segreti” che questa nasconde e con le sue differenti caratteristiche.
[Daniela Pronesti']