Le opere di Claudia Onisto rileggono in maniera del tutto nuova la rappresentazione dell’anatomia con l’invenzione di figure che non possono dirsi né umane né animali, ma più genericamente “organiche” e quindi in qualche modo “vive”. Non danno l’idea di essere corpi fatti per respirare o per nutrirsi, eppure si ha l’impressione che le singole parti, proprio come organi o ingranaggi di uno stesso meccanismo, siano dipendenti l’una dall’altra, e tutte insieme concorrano a determinare lo stato vitale di queste strane creature. Sono organismi nati dalla fusione tra pittura e street art, ottenendo così un linguaggio ibrido, proprio come ibride sono queste figure a metà fra realtà e immaginazione. Si muovono nello spazio galleggiando, allungandosi, formando spirali, come in una danza dal ritmo sconosciuto. Ad animarle è la fantasia dell’artista che replica, a suo modo, la tecnica del disegno automatico surrealista, quello che Breton definiva “puro automatismo psichico”, ovvero lasciare andare la mano sul foglio senza un controllo razionale o un progetto preordinato, ma assecondando l’emersione spontanea e diretta di forze inconsce attraverso l’atto del disegnare. È quello che accade nelle opere di Claudia Onisto che, seppure tra loro coerenti e quindi parte di un unico progetto, rimandano ad una dimensione profonda e quasi misteriosa del disegno come tramite tra visibile e invisibile, mondo reale e universo onirico, in un equilibrio non facile tra verità e invenzione, controllo del mezzo espressivo e genuinità dell’emozione.
[Daniela Pronesti']